European Laboratory for the Investigation of Food-Induced Diseases - ELFID

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Campania Celiachia - Premessa


La celiachia (MC), o Intolleranza al glutine, è una malattia multifattoriale che colpisce 1 su 100 individui nella popolazione europea (1). In Campania la prevalenza è stata stimata a circa un caso ogni 80 donne gravide (2). E’ il risultato di una risposta immune mucosale anomala delle cellule T alle gliadina del frumento e di altri cereali tossici (orzo, segale); altri fattori tra i quali la capacità della gliadina stessa di attivare meccanismi dell’immunità innata sembrano pure giocare un ruolo importante. La componente genetica é fondamentale, più che in altre malattie multifattoriali, se si considera che il tasso di concordanza tra gemelli monozigoti è dell’85% circa; la componente ambientale è sicuramente presente. Tra i fattori genetici fondamentale il contributo dei geni della regione HLA (3); tuttavia, recenti studi di screening del genoma hanno consentito di identificare aree al di fuori della regione HLA-DQ che sembrano contenere geni coinvolti nella suscettibilità alla malattia (4). E’ quindi possibile stratificare per rischio una popolazione a rischio in dipendenza del particolare assetto HLA e della coesistenza di altri marcatori ritenuti contribuire al rischio. Tra i fattori ambientali il ruolo piu’ importante e’ naturalmente rappresentato dalla presenza del glutine nella dieta, particolarmente nel contesto dell’alimentazione del primo anno di vita. e’ possibile immaginare di intervenire sul fattore ambientale (dose e/o epoca di introduzione del glutine) in una popolazione stratificata per rischio genetico con l’obiettivo di prevenire la condizione.

Lo spettro clinico della malattia celiaca è considerevolmente cambiato negli ultimi 20 anni, essendosi rivelato molto più ampio rispetto a quello originariamente riconosciuto. I sintomi gastrointestinali classici (diarrea cronica, distensione addominale) sono ancora comuni nella presentazione clinica della malattia ma possono essere inizialmente lievi o intermittenti. Inoltre, si osservano sempre più frequentemente quadri di esordio della malattia caratterizzati da sintomi extraintestinali quali: bassa statura, anemia sideropenica resistente a trattamento marziale, stomatite aftosa recidivante, difetti dello smalto dentario, osteoporosi. Esistono poi condizioni associate più spesso alla malattia celiaca; tra queste molte patologie autoimmuni come il diabete mellito insulino-dipendente, le tireopatie autoimmuni, la sindrome di Sjogren, ma anche il deficit di IgA e la sindrome di Down. La malattia celiaca è, dunque, caratterizzata da manifestazioni cliniche estremamente variabili, non sempre correlate al grado di compromissione della mucosa del piccolo intestino.

I pazienti celiaci non diagnosticati, come pure quelli che ritornano a dieta libera, nonostante la diagnosi, sono esposti ad una serie di rischi per la salute. Alcuni di tali rischi sono secondari al malassorbimento (come l’alterazione del bilancio del calcio osseo, l’anemia e i problemi relativi alla riproduzione ed alla crescita), altri sono legati alle possibili alterazioni della risposta immune (aumentato rischio di malattie autoimmuni), altri ancora inerenti lo sviluppo di neoplasie. Nonostante nella nostra Regione esistano per tradizione culturale una attenzione e una particolare sensibilità nei confronti delle problematiche gastrointestionali del bambino, in particolare nell’area delle intolleranze alimentari, la discrepanza tra i dati ottenuti da programmi di screening di massa e quelli relativi ai pazienti diagnosticati sulla base del sospetto clinico e’ ancora molto grande. In considerazione dei costi umani e sociali rappresentati dal grande numero di pazienti non diagnosticati, si impone una campagna che coinvolga in primo luogo la medicina di base e la pediatria di famiglia. A livello ospedaliero e’ necessario che le procedure diagnostiche che saranno applicate al paziente inviato dalla medicina di base siano uniformate ai protocolli internazionali (5) soprattutto che gli strumenti diagnostici su cui sui basano (es. sierologia, istologia) siano validati. Infine, va attentamente valutato l’impatto della dietoterapia sia a livello del singolo paziente per quanto attiene alla sua qualità di vita, sia a livello della Comunità soprattutto per i costi che essa comporta. In base alla legge ciascun paziente celiaco riceve dal SSN un supporto per la dietoterapia, valutabile, in media tra le varie classi d’età, in circa 125 Euro mensili. Ne consegue che l’impegno di spesa corrente in Campania è stimabile a circa Euro 1500/anno/paziente, con un totale impegno di spesa di circa 9 Milioni di Euro/anno. Ma tale spesa, che subisce un incremento annuo di circa il 10% in relazione all’aumento dei pazienti diagnosticati, è stimabile, se tutti i pazienti fossero trattati, fino a 10 volte più grande (90 Milioni di Euro) nel prossimo quinquennio. L’implementazione di una dieta non fondata esclusivamente sui prodotti dietoteraputici specifici, ma largamente sull’uso di senza glutine “naturale” e’ atteso che possa avere un impatto positivo su entrambi gli aspetti.

La recente normativa (legge 4 luglio 2005 n 123) approvata dal Parlamento, relativa alla protezione dei soggetti malati di celiachia, fissa gli obiettivi da raggiungere. Affida alle Regioni il compito di indicare alle Aziende Sanitarie gli interventi più idonei per “assicurare la formazione e l’aggiornamento della classe medica sulla conoscenza della malattia celiaca … prevenire le complicanze e monitorare le patologie associate … definire i test diagnostici e di controllo per i pazienti affetti da morbo celiaco”. Prevede anche una rete di presidi accreditati, coordinati da un centro regionale di riferimento, e l’adozione di specifici protocolli concordati a livello nazionale. Al successivo art 5 sottolinea la necessità di inserire appositi moduli informativi sulla celiachia nell’ambito delle attività di formazione e aggiornamento professionali rivolte a ristoratori e albergatori. Il presente progetto vuole rendere operative le indicazioni del Legislatore. La Regione Campania, che può far conto su una lunga tradizione di eccellenza nella assistenza e nella ricerca sul morbo celiaco, può porsi con questo programma come modello per le altre Regioni.

  1. Hill ID, Bhatnager S, Cameron DJS, De Rosa S, Maki M, Russell GJ, Troncone R. Celiac disease: working group report of the first world congress of pediatric gastroenterology, hepatology and nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2002; 35: S78-88.
  2. Greco L, Veneziano A, Di Donato L, Zampella C, Pecoraro M, Paladini D, Paparo F, Vollaro A, Martinelli P. Undiagnosed coeliac disease does not appear to be associated with unfavourable outcome of pregnancy. Gut. 2004 Jan;53(1):149-51
  3. Margaritte-Jeannin P, Babron MC, Bourgey M, Louka AS, Clot F, Percopo S, Coto I, Hugot JP, Ascher H, Sollid LM, Greco L, Clerget-Darpoux F. HLA-DQ relative risks for coeliac disease in European populations: a study of the European Genetics Cluster on Coeliac Disease.Tissue Antigens. 2004;63:562-7.
  4. Greco L, Babron MC, Corazza GR, Percopo S, Sica R, Clot F, Fulchignoni-Lataud MC, Zavattari P, Momigliano-Richiardi P, Casari G, Gasparini P, Tosi R, Mantovani V, De Virgiliis S, Iacono G, D'Alfonso A, Selinger-Leneman H, Lemainque A, Serre JL, Clerget-Darpoux F Existence of a genetic risk factor on chromosome 5q in Italian coeliac disease families Ann Hum Genet. 2001; 65:35-41.
  5. Troncone R, Towards new diagnostic criteria for coeliac disease. Ital J Pediatr 2002; 28: 245-8